Ricostruzione mammaria

Il tumore della mammella è il più frequente nella popolazione femminile e colpisce circa 1 donna su 8.

Approccio multidisciplinare

Nell’ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo il Chirurgo Plastico ha l’enorme fortuna di collaborare con un’equipe di Senologia di altissimo livello nell’ambito di una delle più attive Breast Unit del nostro Paese.

La paziente, dopo un primo inquadramento sui trattamenti medici (es. chemioterapia e/o radioterapia pre e post operatoria) e chirurgici (es. quadrantectomia vs mastectomia), viene valutata in un Ambulatorio dedicato con la presenza contemporanea del Chirurgo Plastico e del Senologo.

Il Senologo descrive i trattamenti medici e chirurgici a cui la paziente andrà in contro; il Chirurgo Plastico, in considerazione del programma oncologico e alle caratteristiche fisiche della paziente, propone le tecniche ricostruttive più idonee. In alcuni casi, alla paziente vengono fornite più ipotesi ricostruttive perché l’intervento senologico stesso presenta alcune variabili non accertabili pre-operatoriamente (es. l’esito istologico intraoperatorio del tessuto retroareolare e del linfonodo sentinella).

Le pazienti ricevono inevitabilmente molte informazioni ma il pensiero fisso è uno solo: “togliere la malattia”. E la ricostruzione viene lasciata in secondo piano.

L’esperienza ed il tempo confermano tuttavia che una volta “tolta la malattia”, il desiderio di ripristinare, ed in alcuni casi addirittura migliorare, il proprio aspetto fisico diventa immediatamente preponderante.

Ecco perché la discussione dell’approccio chirurgico tra Chirurgo Plastico, Senologo e paziente è fondamentale sin dall’inizio.

Metodi e tempi ricostruttivi

La ricostruzione mammaria si divide in due grossi capitoli: autologa e protesica. Entrambi gli approcci possono essere eseguiti immediatamente dopo la mastectomia (l’equipe di chirurgia plastica subentra a quella di senologia durante la stessa seduta operatoria) o in maniera differita (dopo la mastectomia, la paziente viene rivalutata dal chirurgo plastico e quindi programmata la ricostruzione più idonea). Tra i tanti vantaggi della ricostruzione “immediata”, il più impattante è sicuramente che la paziente esce dalla sala operatoria dopo la mastectomia con una salienza mammaria in parte o completamente ripristinata.

Nella ricostruzione autologa la mammella viene ricostruita utilizzando i tessuti della paziente provenienti più comunemente dall’addome (es. TRAM flap e DIEP flap) o dal dorso (es. LD flap). Si tratta di interventi complessi, della durata di alcune ore e non esenti da complicanze ma presentano l’indiscutibile vantaggio di non prevedere l’utilizzo di protesi. Il loro impiego è indissolubilmente correlato alle caratteristiche anatomiche della paziente e del difetto ipotizzabile post-mastectomia, oltre al fondamentale equilibrio tra rischio e beneficio.

La ricostruzione protesica può essere eseguita in un solo tempo chirurgico o in due tempi. Nel primo caso, immediatamente dopo la mastectomia, viene posizionata una protesi “definitiva” (analoga alle protesi utilizzate nella mastoplastica additiva in estetica) in sede retro-pettorale (tra le coste e il muscolo gran pettorale) impiegando o meno dei foglietti di materiale “naturale” o sintetico (rispettivamente Acellular Dermal Matrix e mesh) oppure in sede pre-pettorale (tra il muscolo gran pettorale e la pelle) avvolgendo la protesi in un foglietto di origine “naturale”.

Nel secondo caso, viene posizionato tra le coste e il muscolo gran pettorale un “palloncino. L’espansore mammario (questo è il nome tecnico del “palloncino”) viene gonfiato ambulatorialmente (dopo che la paziente è stata dimessa dall’ospedale) con della soluzione fisiologica mediante un ago. La procedura viene eseguita durante più accessi ambulatoriali sino a che si raggiunge il volume desiderato. A distanza di diversi mesi, la paziente entra nuovamente in sala operatoria per sostituire l’espansore mammario che nel frattempo ha creato lo spazio necessario per accogliere la protesi definitiva. Nel caso in cui l’intervento di mastectomia e ricostruzione abbia coinvolto una sola mammella, è possibile, durante il tempo chirurgico di sostituzione dell’espansore con la protesi definitiva, “simmetrizzare” l’altra mammella modificandone la forma (mastopessi) ed il volume (mastoplastica additiva e riduttiva).

E poi?

L’esito di ogni ricostruzione mammaria può essere migliorato con alcune procedure aggiuntive (“ancillarità”) che vanno per esempio ad integrare o a rimuovere un deficit o un eccesso di volume mediante lipofillig (“fat grafting”) o liposuzione.

Nei casi in cui si sia reso necessario asportare il complesso areola capezzolo, esistono delle tecniche chirurgiche (lembi cutanei) che permettono di ricreare la salienza del capezzolo. L’areola può essere ricostruita con degli innesti cutanei o con un tatuaggio.

In cosa posso aiutarti

Tutte le procedure chirurgiche fin qui menzionate sono erogate gratuitamente dal Servizio Sanitario Nazionale con le tempistiche correlate alla lista d’attesa del centro a cui si fa riferimento. L’emergenza COVID ha gravemente allungato i tempi d’attesa per tutte le procedure successive alla mastectomia e alla ricostruzione immediata.

Ogni procedura non è esente da rischi e complicanze che devono essere accuratamente discusse con l’equipe di riferimento.

Affidatevi sempre all’esperienza di uno Specialista in Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica che abbia eseguito un percorso formativo completo e specifico in ambito mammario. In questo modo avrete una descrizione dettagliata dei pro e contro dei vari approcci ricostruttivi.

Risposte senza domanda

  • La ricostruzione autologa non necessariamente è migliore di quella protesica
  • Le protesi (espansori e definitive) possono rompersi ed il rischio di rottura aumenta progressivamente con l’invecchiamento della protesi
  • Lo stato della protesi viene monitorato annualmente durante il follow up oncologico mediante ecografia; nel caso in cui insorgano dubbi sull’integrità della protesi, il medico richiede una Risonanza Magnetica; i controlli sull’integrità delle protesi possono anche essere eseguiti al di fuori dal consueto follow up oncologico annuale nel caso in cui compaiano alterazioni di forma e/o segni/sintomi sospetti per rottura degli impianti
  • Il nostro corpo reagisce alle protesi creando una capsula che in alcuni casi può alterare la forma della mammella e causare dolore (“contrattura capsulare”)
  • Gli espansori mammari sono più rigidi delle protesi definitive e possono causare fastidio/dolore
  • Quando si punge la cute per “riempire” l’espansore, spesso la paziente non sente dolore per la ridotta/assente sensibilità conseguente alla mastectomia
  • Se si esegue una mastoplastica additiva di simmetrizzazione, la protesi inserita nella mammella sana non implica difficoltà nel follow up oncologico; lo stesso vale nel caso in cui venga eseguita una mastopessi o mastoriduttiva o il lipofilling
  • Nessuna procedura chirurgica è esente da rischi
  • La mastectomia e la ricostruzione vengono generalmente eseguiti in anestesia generale; negli ultimi mesi stiamo collaborando con l’equipe di anestesia per evitare l’anestesia generale a favore di un’anestesia che va ad “addormentare” solo la sede di intervento con enormi vantaggi da molti punti di vista.

Dopo ogni intervento mammario ricostruttivo la degenza è di circa 2-3 giorni; la paziente viene dimessa con dei drenaggi che rimangono un tempo variabile e non prevedibile; la terapia antibiotica impostata alla dimissione va mantenuta sino ad indicazione medica; la mobilizzazione della paziente deve essere progressiva e mai prevedere sforzi intensi ed acuti nelle settimane immediatamente successive all’intervento; è opportuno eseguire fisioterapia dedicata.